Salsiccia matta ciavar e il sambudello casentinese

Salsiccia matta o “ciavar”
(foto di PN Foreste Casentinesi)

La storia
Per la salsiccia matta o “ciavar” e per il sambudello casentinese valgono le stesse considerazioni fatte per tutti gli altri prodotti alimentari di origine suina. Da sempre nulla va sprecato di questo utile animale tutto deve servire ed i più abili macellai hanno sempre ottenuto delizie dall’attenta “partitura” delle carni. La storia di questi insaccati si perde nei racconti dei vecchi abitanti delle valli romagnole e del Casentino e dentro a questi prodotti si conservano le virtù del territorio e dei suoi generosi abitanti. La tecnica e gli ingredienti dei due insaccati sono simili, cambiano l’aromatizzazione e le modalità di consumo.
Entrambi sono ottenuto grazie alla lavorazione delle carni meno pregiate e più sanguinolente del maiale, quali lingua, cuore, guancia e le frattaglie della disossatura della testa (nel sambudello casentinese un tempo anche i polmoni) vengono macinate e pazientemente impastate con sale e pepe, abbondante aglio e buon sangiovese nel caso del ciavar e finocchio selvatico nel sambudello casentinese. Questo impasto viene poi insaccato in budelli naturali ed è pronto per essere consumato dopo qualche giorno.

Area di attuale produzione nel Parco
Salsiccia matta: Bagno di Romagna, Portico-San Benedetto, Santa Sofia.
Sambudello casentinese: Bibbiena, Chiusi della Verna, Poppi, Pratovecchio, Stia.

Descrizione
Il “ciavar” è simile ad una salsiccia diverso è il colore che cambia in base alle carni utilizzate che lo rendono più o meno scuro. Abitualmente questo prodotto viene consumato fresco e cotto sulla griglia, ma può essere anche stagionato oppure conservato sott’olio.
Il sambudello casentinese viene consumato fresco dopo qualche giorno dalla preparazione ed è generalmente gustato cotto accompagnato da fagioli o patate.

La stagionalità del prodotto
Tutto l’anno

I produttori segnalati